Lupus in Fabula e Grotta della Giara
Oggi vogliamo stupirvi, cammineremo e scopriremo un chicca che in pochi conoscono!
Sorprendervi è da sempre il nostro intento ma oggi ci siamo davvero superati, andiamo per gradi!
Anche questa volta abbiamo coinvolto la nostra amica Giorgia Firpo, portatrice sana di sorrisi e di entusiasmo, dandole il compito di recuperare delle torce a led.
Lei è una che fa poche domande e agisce subito, della serie: fatti non parole!
Ci dirigiamo in auto sino a Toirano e superiamo il centro abitato per raggiungere in poco tempo le « Cave Marchisio » lungo la provinciale e, dopo circa 500 metri, nei pressi del primo grande tornante, lasciamo la macchina.
In piena curva, prendiamo il sentierino che sarà il nostro punto di partenza. Questo primo pezzettino di itinerario si chiama Lupus In Fabula e a fine racconto capirete il perchè o meglio, ve lo sveleremo noi!
Ci incamminiamo lungo un tratto battuto e pulito, caratterizzato dalla costante presenza del torrente Varatella qualche decina di metri sotto, alla nostra sinistra.
Superato un primo ponte in pietra e una cascatina formatasi dalla presenza di una diga in cemento, procediamo lungo il tracciato immerso nel bosco, in leggera salita.
In men che non si dica raggiungiamo il ponte detto « Salto del Lupo » che sovrasta l’omonima gola e lo percorriamo tornando indietro verso il mare.
Al termine del ponte attraversiamo la strada e imbocchiamo una carrareccia in leggera salita, punto di partenza del sentiero natura che troveremo ben segnalato con un rombo rosso.
Siamo nel cuore selvaggio del Rio della Valle. Superiamo un paio di orti e altrettanti uliveti, ignorando sulla destra un altro sentiero che risale verso San Pietro ai Monti passando per il Monte Ravinèt, proseguiamo spediti fino a raggiungere una vecchia presa dell’acquedotto, presso le sponde del Rio Servàira, che scorre alla nostra sinistra.
In questo punto un cartello informativo racconta alcune vecchie storie e leggende tramandate e sperse nel tempo sui lupi che da Calizzano scendevano a valle. Proseguiamo quindi per il sentiero di destra, in direzione Grotta della Giara. Da qui in avanti dovremo fare molta attenzione alla segnaletica, composta per lo più da torrette di ometti in pietra e alcuni ma rari bollini gialli.
La pendenza del percorso aumenta e risale ripida nella fitta macchia mediterranea. Per ben due volte guadiamo il Rio Della Valle per proseguire lungo la sponda opposta, caratterizzata da una serie di tornanti invasi da vegetazione e alberi caduti, facile perdere la traccia. Guadagnando sempre più quota, la salita si fa più ripida e fortunatamente Giorgia, che per l’occasione ha con se lo zaino della sua piccola Ginevra, dispone di una scorta di caramelle zuccherate davvero utili al camallo, che non è troppo in forma! Raggiunta una sorta di valletta, il bosco si dirada lasciando spazio alla caratteristica macchia mediterranea, davanti a noi spunta la cresta rocciosa. Aggirato un costone sul quale è facile scivolare, ci imbattiamo in un ripidissimo pendio terroso, fragile e dissestato. Poco dopo troviamo un cavo elettrico blu molto spesso che scende direttamente dall’ormai vicina grotta, che avrà funzione di « traino » per aiutarsi ad arrivare in vetta senza improvvisarsi scalatori in erba. In 7/8 minuti arriviamo davanti all’entrata dell’ampia Grotta della Giara.
In vetta tiriamo un attimo il fiato e chi ce l’ha, (la Vale no, manco a dirlo) si cambia per non rischiare di raffreddarsi, accendiamo le torce.
La grotta in questione è una delle più vaste del Toiranese creatasi nei millenni grazie alla canalizzazione delle acque che ne hanno eroso l’interno. Attualmente nella prima parte della grotta, quella che esploreremo, non troveremo la minima traccia di acqua. La galleria principale è ampia e ben illuminata per circa 250 metri, qui scopriamo la prima stalagmite, di forma tozza e panciuta a ricordare una giara, la quale darebbe la spiegazione del nome della cavità. La seconda formazione di calcare invece la troviamo più avanti, a ricordare una cascata a più balzelli. Siamo nel buio più totale ma l’ausilio delle torce ci permette di arrivare fino al termine della grotta dove scoviamo un piccolo chiusino che permette di continuare l’esplorazione a speleologi esperti, non a noi purtroppo.
Non ci aspettavamo di raggiungere una grotta tanto bella proprio in cima alla collina, che sorpresa! Il ritorno, agganciati al cavo blu prima e quasi di corsa dopo (per via dell’estrema pendenza), risulta particolarmente veloce.
Non ci siamo dimenticati della nostra promessa tranquilli, vi racconteremo ora una bella favola popolare tramandata nel tempo dalle memorie di nonna Pierina Pastorino, detta « Piera », raccontataci da Elena Rocca, la riccia e dolcissima nipote. Qui un estratto del racconto già edito ne « Le favole di mia nonna » Gruppo Editoriale L’Espresso, 2012.
Il Lupo e La Volpe
C’era una volta, e c’è ancora oggi in un piccolo paese chiamato Balestrino, uno dei più belli e imponenti castelli del Marchese del Carretto che, dalla sua alta posizione, domina tutto il borgo sottostante, delimitato un tempo da due cascine che si trovavano proprio a fondo valle: la “Fasciora” e il “Fussou”.
Tutto intorno al castello e al borgo si poteva ammirare una distesa di terreni coltivati appartenenti sia ai paesani sia al marchese del Carretto. Qui viveva ogni tipo di animale da compagnia, da allevamento e anche tutte le specie di animali selvatici, perfino lupi e volpi.
Un giorno si incontrarono proprio un lupo e una volpe.
Il lupo chiese: «Come va oggi?» e la volpe rispose: «Non troppo bene visto che non ho ancora trovato niente da mangiare!».
Sentite quelle parole il lupo esclamò: «Allora siamo entrambi affamati, perché anche io non ho ancora trovato niente con cui riempirmi la pancia!». A furia di botta e risposta, il lupo e la volpe si ritrovarono a chiacchierare e a gironzolare in paese alla ricerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Ad un tratto la volpe si fermò e disse: «Senti anche tu questo profumo invitante?» Il lupo che non riusciva a sentire alcun odore di cibo le rispose: «Hai così tanta fame, che senti profumo di cose buone anche se non ce n’è!». La volpe diede poca importanza alle parole del lupo e per niente demoralizzata gli rispose: «Sarò anche affamata e sentirò odori che non ci sono, ma io mi fido del mio fiuto e lo seguo!».
Così non si perse d’animo e si mise subito in cammino, con il lupo che la seguiva a distanza. Gira che ti rigira giunsero vicino alla cascina il “Fussou”; qui c’era un gran via vai di gente e, curiosi di sapere cosa stesse succedendo, i due animali si avvicinarono tanto finché non scoprirono che tutte quelle persone erano indaffarate a preparare pane, torte dolci e salate e tante altre pietanze che facevano venire l’acquolina in bocca.
Il lupo e la volpe, estremamente felici per lo spettacolo che si svolgeva davanti ai loro occhi, decisero che al momento opportuno quello sarebbe stato il posto adatto per riempirsi la pancia e quindi stabilirono di aspettare pazientemente che intorno a tutto quel cibo ci fosse un po’ più di tranquillità. Aspettarono tanto che venne buio. A quel punto la volpe disse al lupo che forse era meglio andare a controllare cosa stesse succedendo, così partì e piano piano si avvicinò alla porta della cascina; non appena si assicurò che nessuno la stesse guardando, entrò dentro passando dalla piccola apertura sulla porta che permetteva a cani e gatti di entrare ed uscire di casa in totale libertà.
Intrufolatasi dentro la cascina, la volpe riuscì a vedere una quantità inimmaginabile di pietanze deliziose e a capire che tutti quei preparativi erano destinati agli sposi del giorno seguente.Per paura che la scoprissero, la volpe non si fermò a lungo nella cascina, anzi, appena capì la situazione, tornò indietro e raggiunse il lupo al quale comunicò: «Vedrai che domani mangeremo bene!»
Lui ignaro di tutto chiese spiegazioni e la volpe disse: «Stanno preparando il pranzo per festeggiare gli sposi».
Il lupo però era molto impaziente ed esclamò: «Ma io già ora ho una fame che non ne posso più». Allora la volpe, anche lei affamata, propose al lupo: «Che facciamo? Proviamo ad avvicinarci alla cascina senza farci scoprire per vedere se hanno buttato qualche avanzo?».
Senza indugiare ancora di diressero verso la cascina e, per la loro felicità, giunti vicino a quella che era la cucina trovarono zampe di galli e teste di coniglio che mangiarono con gran gusto a sazietà.
Spazzolato ogni tipo di avanzo, il lupo e la volpe tornarono di guardia sopra la cascina per tenere d’occhio la situazione.
Ad un tratto il lupo spezzò il silenzio che li circondava, comunicando alla volpe che aveva sonno, che era ormai buio e che, essendoci le lanterne spente, era inutile rimanere svegli perché non si riusciva a vedere nulla.
Così il lupo e la volpe si accucciarono a terra e si misero a dormire in attesa del gran giorno. La mattina seguente furono svegliati presto dal profumo di ottimo cibo, proveniente dalla cucina dove stavano cuocendo conigli, polli e maiali; il profumo era così intenso che ai due era venuta già l’acquolina in bocca. Mentre il lupo e la volpe rimanevano in attesa del momento buono per mangiare, alla cascina il “Fussou” stava arrivando molta gente ben vestita, tanto che la volpe rivolta al lupo esclamò: «Vuoi vedere che è proprio il figlio della famiglia della cascina che si sposa?». Ed infatti, verso le dieci, dal “Fussou” partirono sposo, parenti ed amici che con allegria e spensieratezza si recarono tutti al borgo davanti alla chiesa, dove ad aspettarli c’erano già la sposa con i suoi parenti.
Si scambiarono tutti un saluto e poi entrarono in chiesa per la cerimonia. Quando finalmente il lupo e la volpe rimasero soli, entrarono nella cascina e iniziarono a mangiare; la volpe ogni tanto andava a controllare se riusciva ancora a passare dalla piccola apertura della porta, il lupo invece continuava imperterrito a mangiare senza mai fermarsi e senza mai dare un’occhiata a quello che faceva la sua compagna di avventura.
Durante uno dei suoi controlli, la volpe si accorse che ormai passava a mala pena dell’apertura riservata agli animali di casa così, rivolgendosi al lupo, disse: «Sarà meglio andare via!» ma il lupo le rispose che aveva ancora fame. A quel punto la volpe ribatté: «Anche io ho ancora fame, ma è meglio andare!» e senza dire altro uscì.
Nel frattempo il lupo ingordo rimase nella cascina e continuò a mangiare fino ad esser sazio, ma quando si decise ad uscire non riuscì più a passare dall’apertura da cui era entrato.
Preoccupato il lupo si mise a cercare una soluzione per farla franca, ma l’unica possibilità che gli rimaneva era quella di trovare un valido nascondiglio, aspettare che gli invitati rincasassero e non appena avessero aperto la porta fuggire da lì. Girò per quella cucina in lungo e in largo cercando il punto migliore per attuare il suo piano, finché si rese conto che non poteva nascondersi in altro posto che dietro la porta.
Nel frattempo la volpe, mentre gironzolava fuori tranquilla, si accorse che nel pollaio c’erano ancora delle galline e, considerata la sua fame, studiò un attacco infallibile, poi entrò e ne mangiò due, avendo cura di tralasciare le budella che a fine pasto si legò intorno al collo.
Finalmente sazia, pensando al lupo che si trovava ancora intrappolato nella cascina e all’imminente arrivo degli sposi, la volpe cercò un nascondiglio perfetto dal quale potersi godere la scena in cui il lupo veniva scoperto.
Non dovette aspettare molto, infatti da lì a poco sentì le voci degli sposi che tutti allegri ritornavano al “Fussou”.
Tutti si diressero subito davanti all’ingresso di casa e, non appena aprirono la porta della cucina, con grande dispiacere e rabbia, si accorsero immediatamente che qualcuno era entrato a mangiare gran parte del cibo che avevano preparato. Bastarono le prime esclamazioni per far accorrere tutti gli invitati che si accalcarono sulla porta, non lasciando alcuna via d’uscita al lupo, che dovette rimanere immobile nel suo nascondiglio sperando che nessuno lo scoprisse.
Purtroppo per lui però non fu così, infatti, un attimo dopo, un invitato girandosi per uscire si accorse del lupo e si mise ad urlare.
Tutti si girarono e, quando lo videro, afferrarono tutto quello che avevano a portata di mano e gli diedero tante di quelle botte da farlo reggere a mala pena in piedi. Intanto la volpe dal suo nascondiglio aveva assistito a tutta la scena e se la rideva di gusto.
Quando tutti finirono di accanirsi contro il lupo, finalmente l’animale riuscì ad uscire da quella cascina e, dolorante, ad allontanarsi per nascondersi e riprendersi un po’. Tra le botte che aveva preso e tutto quello che aveva mangiato, il lupo non ne poteva davvero più; appena trovò un comodo nascondiglio, si mise a dormire e la volpe, che lo controllava senza staccargli gli occhi di dosso, non appena lo vide addormentato decise di mettersi a riposare, visto che ne aveva molto bisogno anche lei.
Dormirono un paio d’ore e, quando la volpe si svegliò, si accorse che il lupo era proprio a pezzi e non riusciva nemmeno a stare in piedi, così gli si avvicinò e gli disse: «Come va compare?». Il lupo sofferente le rispose: «Mi hanno quasi ammazzato e ora ho una sete incredibile ma non so come fare ad arrivare al pozzo».
La volpe subito ribatté: «Non dirmi niente! A me ne hanno date tante che mi hanno messo le budella in giro al collo!».
Il lupo compiaciuto osservò: «Allora sei più malconcia di me! Io sono tutto ammaccato ma intero».
«Anche io ho sete.» continuò la volpe «Se ti appoggi su di me, proviamo insieme ad arrivare al pozzo?». Il lupo accettò e i due partirono.
Mentre si trascinavano uno con l’altro, la volpe continuava a lamentarsi dicendo che sentiva male dappertutto; era una vera lagna, tanto che ad un tratto il lupo ebbe compassione di lei e le disse: «Vieni su che ti porto un po’ a cavalluccio».
Senza farselo ripetere due volte, la volpe salì in groppa al lupo e da lì sopra, pensando a quanto fosse stupido il lupo, se la rideva e ripeteva: «Tran Tran che u maròtu u porta u sàn!1». (1 «Tran Tran che il malato porta il sano!».)
Il lupo non capendo cosa stesse dicendo chiese: «Cosa dici comare volpe?» e prontamente lei: «Conto le ore!».
Continuarono a camminare ancora per un po’ e quando finalmente arrivarono al pozzo il lupo domandò: «Chi beve per primo?». La volpe prontissima rispose: «Bevo prima io. L’acqua però è bassa, facciamo che mi tieni per i piedi così riesco ad arrivarci e, quando ho finito, mi tiri su».
Così fecero, la volpe si mise sul bordo del pozzo, il lupo la prese per i piedi e la aiutò a scendere fino all’acqua, dopodiché una volta finito di bere la tirò su.
«Ora tocca a me!» esclamò il lupo e la volpe, preso il compagno per la coda, lo aiutò a calarsi giù nel pozzo.
Dopo un po’ che il lupo beveva la volpe gli domandò: «Ma bevi o lappi?» e lui rispose: «Lappo». La volpe allora con fare deciso dichiarò: «E allora per la coda io ti lascio giù nell’acqua!» e mollò la presa facendo piombare il povero lupo nel pozzo.
Con le ultime forze rimaste il malcapitato le gridò: «Quando ti trovo, ti mangio!».
La volpe non si spaventò minimamente, anzi si fece una bella risata e se ne andò, mentre il lupo intrappolato continuava a pensare in preda alla rabbia che se l’avesse incontrata sul suo cammino di certo l’avrebbe mangiata.
Il mattino seguente, la padrona della cascina la “Fasciora” andò al pozzo, prese il secchio dell’acqua e lo buttò giù nel pozzo, poi iniziò piano piano a tirare su, ma il secchio quella mattina era davvero pesante! Finalmente il secchio arrivò in cima al pozzo e il lupo con un balzo saltò fuori dal secchio facendo prendere alla donna uno spavento così grande che per poco non cadde a terra.
Non fece quasi in tempo a realizzare cosa fosse successo, che il lupo, bagnato e dolorante, era già scappato.
Ormai libero, il lupo camminò ancora per qualche tempo finché, trovato un pagliaio, decise di coricarsi al sole per asciugarsi un po’ e, visto che era anche stravolto come non mai, si addormentò.
Si svegliò dopo qualche ora quando ormai il sole non era più alto nel cielo; finalmente si sentiva proprio bene e, ripensando a tutto quello che la volpe gli aveva fatto, si rese conto che lo aveva proprio preso in giro e che era ora di vendicarsi.
Passò qualche giorno e quando il lupo finalmente rincontrò la volpe le disse: «Me ne hai combinate di tutti i colori!». Poi con tono deciso continuò: «Questa volta ti mangio!».
La volpe, apparentemente preoccupata, lo implorava di perdonarla, ma il lupo ormai aveva deciso: se la sarebbe mangiata!
Allora la volpe chiese al vecchio compagno: «Mi concedi un ultimo desiderio?» e il lupo che in fin dei conti era un buono, le rispose: «D’accordo!».
La volpe allora dichiarò: «Desidero che mi mangi in Erucaglie dove c’è quello scoglio alto».
Il lupo non fece obiezioni: «Perfetto! Dove vuoi tu!» le rispose.
I due partirono. Il cammino per arrivare a destinazione fu piuttosto lungo e faticoso tanto che, giunti in Erucaglie, erano così stanchi da doversi prendere qualche istante per riposarsi.
Poi ad un tratto la volpe disse: «Ora mi distendo su quel grosso scoglio e ti chiedo ancora un favore: inizia a mangiarmi dai piedi!».
Il lupo annuì pensando che, da qualunque parte avesse iniziato, ormai per la volpe era finita.
Così la volpe si sdraiò sullo scoglio con la pancia in su e il muso che guardava la valle; il lupo le si mise davanti e fece appena in tempo ad aprire la bocca per darle il primo morso che la volpe con le zampe gli diede uno spintone così forte che il lupo scivolò giù per gli scogli e rotolò tanto che finì giù nel fiume dove una squadra di uomini era intenta a costruire un ponte, che ancora oggi è chiamato “il ponte del salto del lupo”.
Fonte: Due zaini e un camallo.